La trasformazione digitale sta impattando tutto l’ambito della vita delle persone, dai settori lavorativi privati a quelli pubblici. Credo che ogni azienda dovrebbe essere consapevole e avere la “cassetta degli attrezzi” pronta per questo cambiamento. In un futuro che sarà sempre più OnLife (cit. Luciano Floridi) e “invaso” dalla robotica, internet of things, automazione, big data, realtà aumentata ecc… credo che ai manager del futuro sia richiesta competenza non solo tecnica ma anche sociale ed umanistica. Infatti, una carriera lavorativa che sarà sempre meno lineare ma circolare e sovrapposta, richiede competenze trasversali, di general management e di soft skills come empatia, comunicazione e leadership.
Il cambiamento climatico è tra i temi più sentiti negli ultimi anni. Credo che il modello capitalista a cui siamo stati abituati negli scorsi decenni (produrre e vendere sempre di più, aumentando le proprie quote di mercato, a scapito della concorrenza) subirà un cambiamento più consapevole. L’economia circolare incide proprio su questo aspetto, andando a promuovere il recupero delle risorse e delle materie prime nell’ambiente di business. Ogni scelta manageriale dovrà tener conto del tema della sostenibilità ambientale che ritengo essere la questione principale di tutta l’agenda globale della nostra umanità.
Infine, per quanto riguarda la formazione, le Università avranno sempre più il bisogno di aprirsi verso l’esterno, come catalizzatori di conoscenza condivisa utile per l’intera società. L’approccio alla formazione sarà di tipo continuo ed esperienziale.
Credo che le imprese italiane abbiano la necessità di focalizzarsi in quelle attività che sanno svolgere molto bene, cioè le loro “competenze core”. Il Made in Italy è tra le risorse più importanti per il nostro Paese, che è apprezzato in tutto il Mondo, soprattutto in Cina.
Essere imprenditori italiani vuol dire avere, generalmente, un punto di forza verso gli stranieri: la bellezza e la qualità del prodotto, la capacità trasversale nell’approcciare e risolvere i problemi, la comunicazione interpersonale.
Le imprese che sopravvivono sono quelle che più sono in grado di generare esportazioni sostenibili, facendo leva appunto sul tema del “made in Italy”.
Il mio consiglio alle imprese è quello di creare il più possibile alleanze e network tra di loro – perché anche nel business “l’unione fa la forza” – e di credere e dare fiducia alle persone più giovani, stimolandoli a mettere in discussione gli “status quo” con argomentazioni concrete.
Come esempio di visione di insieme e di collaborazione continua, vorrei segnalare due esempi che l’azienda Struqture ha appena implementato.
Si tratta del lancio del progetto Restart, tramite il quale le Aziende potranno riprendere le attività lavorative in modo sicuro ottemperando alle nuove regolamentazioni post Covid19 su sicurezza, formazione, sanificazione, test sierologici, lo smartworking. E poi la creazione di una partnership con il MIP, la business school internazionale del Politecnico di Milano, per l’erogazione di formazione a distanza / digital learning con percorsi di formazione manageriale erogati dai docenti del MIP e del Politecnico di Milano, pensati proprio a supportare le imprese in questo delicato periodo.